Si può parlare della musica contemporanea, quella dal 2000 a oggi per esempio, da tanti punti di vista. In questi appunti voglio provare a elaborare un piccolo insieme di concetti e questioni, per leggere nel suo complesso la traiettoria recente della musica più popolare, quella legata alla canzone o più in generale fatta di musica e parole.
Il computer, internet e poi il cellulare hanno prodotto dagli anni 90 in poi grandi cambiamenti per chi fa musica, la vende e per chi la fruisce. Almeno questa è una delle chiavi di lettura che si ascolta più frequentemente per interpretare il fenomeno musicale contemporaneo.
In realtà, a pensarci, ci sono sempre stati periodicamente e continuamente importanti cambiamenti nel mondo della musica, in tutti i decenni del secolo scorso. Elencando un po’ a braccio, dopo l’invenzione del 33 giri, ci sono state tante novità, e sarebbe complicato fare un’analisi precisa del ruolo sociale di ciascuna, prendendo in considerazione per esempio: jukebox, discoteche, impianti hi-fi domestici, stereo portatili, radio libere, audiocassette registrabili, hit parade televisive, canali tv dedicati ai video musicali, etc.
Per questo, a volte mi sembra che considerare solo la questione della digitalizzazione della musica, con il formato mp3 e la sua successiva circolazione su internet, sia troppo riduttivo per spiegare i cali delle vendite, la crisi delle professioni legate alla musica.
Perché c’era tanta musica gratis disponibile anche prima dell’mp3, e allora forse questo argomento non è così importante, per spiegare l’attualità musicale e anche un certo restringimento della varietà della musica di maggior successo e diffusione.
Piccola parentesi per capire di cosa parlo quando mi riferisco al fenomeno musicale collettivo o pubblico attuale: se negli anni 70, 80 e 90 avessimo formulato a 500 persone tra i 14 e i 60 anni domande di questo tipo:
Quali cantanti ti piacciono?
Quali dischi hai comprato?
Quali cantanti conosci?
Quali cantanti ascolti?
avremmo probabilmente raccolto un’amplissima gamma di nomi sui 500 intervistati. Tanti nomi, di tanti generi diversi e di diverse nazioni. Le stesse domande, ne sono convinto ma è solo un’ipotesi da verificare, produrrebbero oggi una numerosità molto minore di nomi e generi, su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 500 persone, nonostante la maggiore possibilità di ascolto gratuita e praticamente infinita data da youtube e spotify.
Allora, la crisi delle vendite e poi della professione artistica e manageriale, attribuita alle innovazioni tecnologiche, che avrebbero prodotto un’eccessiva offerta gratuita ma anche il contemporaneo ridursi della varietà di nuova musica vendibile e venduta, deve essere considerata innanzitutto una crisi del rapporto artista-società-pubblico oppure una crisi di prodotto e della dinamica bisogno e soddisfazione nell’ascoltare musica.
Questa crisi non dipende forse tanto dall’abbondanza dell’offerta gratuita, che effettivamente è ancora maggiore che in passato, deve avere qualche altra spiegazione, più importante dell’mp3 e della disponibilità gratuita di cataloghi completi online.
Non dico che questa abbondanza non sia una novità ma forse vale la pena considerare questioni più strutturali.
Per questo provo a descrivere le altre questioni che mi pare siano trascurate e che andrebbero analizzate e risolte. Altre questioni potrebbero cioè essere utili a ripartire per raggiungere una maggiore soddisfazione di tutti, nel fare musica, venderla e nel fruirne.
Quali potrebbero essere queste questioni strutturali? Innanzitutto, rispetto agli ultimi decenni del secolo scorso è cambiata la composizione demografica: siamo una società in cui sono più numerose le classi di età alte.
Ma penso che sia più importante ancora considerare come è cambiata la quantità del tempo libero nelle varie fasce di età e soprattutto il modo in cui le persone, di tutte le età, scelgono di utilizzarlo.
Fino a qualche decennio fa, nel tempo libero, la musica era per tanti un elemento formativo importante della propria crescita, della propria identità, ci si sentiva rappresentati dai cantanti, scattavano dei meccanismi di identificazione abbastanza forti, sia che si trattasse di artisti di fama mondiale, nazionale o locale.
Attraverso la canzone si capiva sentimentalmente di più se stessi e il mondo circostante, ci si formava sentimentalmente e nell’atteggiamento verso la propria contemporaneità.
Per fare un esempio molto eclatante, si può far riferimento alla musica afroamericana per la formazione di una coscienza civile, politica e sentimentale dei neri nell’America del dopoguerra.
Un discorso simile si può fare per tutti gli eroi del rock e la formazione dei movimenti giovanili degli anni 60 e 70.
Ma sono tanti gli artisti che ci hanno fatto capire il mondo, sognare l’amore, il sesso o semplicemente pensare a una vita diversa. Anche fuori dai grandi movimenti sociali e di liberazione del 900, sono tanti gli artisti che ci hanno regalato grandi emozioni e che abbiamo seguito con entusiasmo, in diverse fasi della nostra vita.
Dunque, per capire il fenomeno musicale contemporaneo non si può prescindere dal coinvolgimento emotivo tra artisti e pubblico, dal contributo formativo delle canzoni alla nostra visione del mondo, e questo a prescindere anche dalla giovinezza o meno dell’ascoltatore.
Certo, i giovani sono più propensi a cercare dei riferimenti culturali e sentimentali, che siano di aiuto, al di fuori della famiglia, per collocarsi nella società, per interpretarla e capire il sentimento che ne hanno, facendo riferimento proprio al lavoro espressivo, sintetico e intuitivo di un cantante, di un’artista.
Ma non solo i giovani hanno questa esigenza e quindi l’invecchiamento della popolazione non spiega da solo i cambiamenti recenti, una certa disaffezione che poi spinge anche a non comprare più musica in un qualche formato commerciabile che sia interessante.
Ritornando al tema della distanza emotiva tra cantanti e pubblico, bisogna considerare anche un altro fenomeno collettivo. Negli ultimi vent’anni circa, il tempo libero da lavoro, scuola e famiglia è diventato più che altro tempo per impegni sociali e culturali.
Si frequentano da alcuni decenni corsi di tutti i tipi, a tutte le età, mentre prima dopo il lavoro o la scuola c’era forse la ricerca diretta del divertimento, dello svago e dell’emozione, che passava molto per la musica, l’ascolto condiviso, la curiosità per le notizie musicali, i concerti, le carriere artistiche.
Oggi, andare a un concerto, a meno che non sia un grande evento spettacolare, assomiglia più a un impegno sociale e culturale, mentre prima era un evento più coinvolgente emotivamente, non solo per i giovani, se si prendono ad esempio in considerazione il successo delle feste di piazza con musicisti più tradizionali.
Anche l’ascolto di un disco in casa, per radio, in tv di un pezzo appena uscito era un momento più coinvolgente.
Se emozionarsi, fare un viaggio tra le emozioni, i sentimenti propri e altrui è un bisogno fondamentale abbastanza costante in ognuno di noi, dobbiamo prendere in considerazione però che questo avvenga ancora, negli anni recenti ma in altri momenti e luoghi, che non hanno più tanto a che fare con la musica.
Mi viene in mente la diffusione degli sport estremi o dei rave da diversi anni oppure il divertimento e le emozioni negative suscitate dai social oppure, ancora pochi anni prima, dai dibattiti politici televisivi.
Poi ci sono state tante passioni sociali nuove anche molto diverse e un po’ di nicchia, poco condivise che si sono succedute: dal bricolage al volontariato, dalla degustazione di vini al corso di fotografia, dagli acquisti hi tech all’impegno ambientalista, al turismo culturale urbano o naturalistico, dalla palestra ai balli latino americani, etc.
In definitiva, sicuramente ci sono meno giovani nella nostra società ma sono anche cambiati per tutti i consumi culturali e l’uso del tempo libero.
La musica e gli artisti hanno da tempo un ruolo diverso nella società, probabilmente hanno avuto anche meno chance di interessare e coinvolgere davvero il pubblico nel corso dei processi di trasformazione sociale e tecnologica recenti.
In definitiva, si è verificata una minore disponibilità a spendere per un prodotto/supporto musicale che non aggiunge qualcosa all’esperienza di ascolto gratuita, che si può fare da computer o cellulare.
Ma l’incontro magico, emozionante, interessante tra artista, musica e pubblico ha da almeno vent’anni un po’ di problemi e questo credo possa essere il focus più interessante da cui partire per tutte le altre considerazioni.
La complessità attuale di possibilità: social, concerti, festival, premi, streaming a pagamento, mp3, live, tv, cd, vinili, siti web personali, radio, videomaking, messaggistica, crowdfunding, talent show può aver disorientato un po’ tutti, gli artisti, il pubblico, i produttori, i manager e gli addetti ai lavori.
Forse questo ha complicato anche il rapporto fra artisti e produttori, in un periodo di crisi prolungata dei guadagni e forse alcuni mix di lavoro e di business nuovi non interessano allo stesso modo produttori e artisti.
Ma io penso che le mancate vendite abbiano un problema di fondo che viene prima dell’invecchiamento della popolazione, dell’uso più impegnativo/culturale del tempo libero da parte di molti, prima della esperienza emozionale ricercata e trovata in altre attività, del facile accesso a tantissima musica in tante modalità e l’effetto di distrazione/dispersione generale.
Penso che il problema delle mancate vendite sia dovuto più che altro ai contenuti della nuova canzone suonata e registrata, alla sua poca capacità di essere veramente e nuovamente un elemento importante della vita contemporanea di tutti, non solo dei giovani.
Questo chiaramente non è responsabilità esclusiva degli artisti, c’è forse negli ultimi anni un cattivo lavoro di tanti produttori, delle case discografiche, dei critici, dei grandi media.
Ma un poco è pure colpa degli artisti attuali, giovani e vecchi, delle loro scelte creative e delle loro scelte distributive.
Il problema non credo sia tanto il formato giusto da commercializzare, il modo di pubblicizzarlo, il suo prezzo, la soluzione si può trovare in un mix diverso per ogni artista. Forse conta innanzitutto cosa si racconta in una canzone. Speriamo bene allora! Viva la musica, viva gli artisti!
Ascolto consigliato “Il lessico del cuore” di Nino Buonocore.
2 pensieri su “Il fenomeno musicale collettivo attuale”
Una ottima analisi del progresso regresso musicale negli anni. Bravo Massimo
Grazie mille Arianna, da grande appassionato di musica e della pratica musicale, mi trovo spesso a riflettere su questi argomenti. Così ogni tanto cerco di mettere qualche punto fermo in appunti di questo tipo. 🙂