Jazz e musica tra ricerca estetica e ruolo sociale

Il lavoro dei musicisti si muove tra ricerca estetica e ruolo sociale. Adesso il jazz, e non solo, ha perso da molto il suo ruolo di aggregazione sociale. Chi ascoltava jazz nel secondo dopoguerra aveva spesso una visione politica, culturale e un modo di vivere particolare e condiviso. 

Nell’America degli anni 40 e 50 se andavi in un club a sentire jazz, potevi essere uno scrittore, un intellettuale di sinistra, un pittore, un attore oppure un operario/impiegato in cerca di un po’ di svago. I jazzisti suonavano per queste persone e allo stesso tempo inventavano di anno in anno anche nuove soluzioni estetiche.

Successivamente, nella musica jazz questa funzione sociale ha cominciato a decadere. Oggi a un concerto jazz ci trovi un pubblico molto vario, dagli studenti di musica ai cultori del genere, fino al pubblico semplicemente curioso. Ma il jazz non è più testimone di un modo di vivere particolare, di una visione del mondo nuova.

Negli anni 60 il rock aggregava nuovamente i giovani in cerca di libertà espressiva, di trasgressione. I raduni diventavano più grandi ma guardandosi intorno trovavi ancora persone molto simili a te e portatrici di un’idea innovativa.

Forse dagli anni 80 in poi il jazz è stato impegnato in un’interessante ricerca estetica, come per esempio nel caso del jazz europeo e del jazz italiano. Ma da un po’ di anni molti musicisti sembrano aver abbandonato in parte anche la pura ricerca estetica, invece abbastanza intensa in quegli anni, si pensi all’etichetta ECM.

Il ruolo sociale della musica è stato evidente anche per i cantautori italiani degli anni 70 e anche il pop successivo ha unito ancora novità estetiche con un certo ruolo di aggregazione sociale, ma con un sempre più marcato personalismo dei cantanti.

Anche il pop e il rock attuali, a parte i fan di alcuni cantanti, tipo i fan di Vasco o di Ligabue, tendono a perdere la loro forza di aggregazione. Fare genericamente pop non equivale più a riconoscersi in un particolare stile di vita o in una visione del mondo e puoi al massimo aggregare il tuo pubblico se sei molto famoso.

Inoltre, in passato, con una cifra irrisoria andavi a sentire Charlie Parker in un club mentre oggi con 5 euro non puoi andare a sentire Vasco Rossi allo stadio. Se Vasco decide di lavorare su nuove strade estetiche, con il rock e con i suoi testi, può perdere parte del suo grande pubblico. Anche perché un suo disco costa 20 euro e un live di più ancora. Poi, su internet, adesso, puoi ascoltare tutto a costo zero, per fortuna.

Oltre alla perdita di ruolo sociale, la musica sta scontando secondo me da anni una certa perdita di ricerca estetica. Puoi anche rimanere un musicista molto attivo nella ricerca estetica ma ne il pubblico ne gli altri musicisti hanno probabilmente un interesse forte in questo. Keith Jarrett per esempio, abbandonato il trio, fa da anni dei solo piano di ricerca ma ne i critici ne i tanti musicisti sembrano seguirlo con grande entusiasmo.

Ci sono cantanti e musicisti che hanno variato molto da un disco all’altro, ad esempio Pino Daniele, ma questo ha voluto dire perdere parte del pubblico, come è successo a lui.

La ricerca estetica, fatta di timbri o di fraseggio musicale può farsi anche più sottile e poco visibile ai più. Ti sembra che un musicista suoni sempre allo stesso modo ma magari in un disco un batterista o un bassista jazz stanno lavorando su estetiche nuove, ad esempio Manu Katchè suona jazz con stilemi a tratti pop, in alcuni dischi.

La ricerca estetica ha trovato spesso le basi nei luoghi geografici e fisici in cui la musica veniva suonata. Per esempio, il pianismo jazz dagli anni 40 in poi si sviluppa nei club principalmente, dove un piano poteva essere anche scordato e la gente rumoreggiare. Suonare in un posto come quello era possibile a patto di non annoiare troppo il pubblico, che si sentisse bene quello che suonavi e che usassi lo strumento, il piano in questo caso, nel modo che esso stesso ti consentiva di fare con la sua accordatura non perfetta.

Successivamente le tastiere sono evolute molto rapidamente, dal piano elettrico ai sinth analogici, fino agli strumenti digitali a partire dalla Yamaha dx7. Questo ha permesso ai musicisti di trovare nuove soluzioni nell’ambito del pop, una musica molto vivace esteticamente, utilizzando anche i video, oltre ai concerti live e ai dischi. 

Ma a questo punto è ancora più chiaro che non è il genere a contare, forse dal rock in poi è così, ma l’essere fan di un determinato musicista.

Comunque, ogni risultato estetico della musica, nato nel rapporto col pubblico e con la strumentazione disponibile, conserva un po’ il senso della sua nascita, anche in epoche successive. Questo a volte viene compreso intuitivamente dal pubblico e può generare incontri nuovi tra musiche e pubblico di epoche diverse. Magari sei giovane e scopri che un certo genere ti piace, puoi ragionarci e trovargli successivamente il senso per il quale nacque.

Attualmente, tutto questi incroci possibili di questioni, tra cui lo streaming gratuito, assegnano al musicista un compito arduo. 

Nel jazz, la musica di improvvisazione per eccellenza, non si vendono più dischi, ai concerti c’è un pubblico molto eteregeneo per gusti, interessi e comunque il biglietto costa molto. 

Penso che la ricerca estetica di questi musicisti sia diventata una questione più privata di prima e per questo possa far perdere anche il suo interesse, soprattutto a quei musicisti che hanno attraversato tanti generi e hanno suonato qualsiasi musica. 

La svolta cosiddetta commerciale di molti jazzisti è in realtà una cosa molto più interessante. Chick Corea, Herbie Hancock e per esempio anche Ahmad Jamal, negli anni settanta hanno unito ricerca estetica e ruolo sociale nella loro musica, mettendosi a suonare tastiere elettroniche e unendosi all’onda funk e rock del periodo. Una musica con un forte ruolo sociale, identitario.

Comunque, adesso il ruolo sociale della musica si è disgregato e quello estetico anche si sparpaglia in molte direzioni, spesso private più che sociali, per il musicista.

Personalmente mi piace ascoltare e suonare tanta musica e in ogni genere sento e cerco le ragioni estetiche e sociali per la quale nacque. Condivido quello che faccio in rete con amici e musicisti, per restituire il mio punto di vista a chi può essere interessato. 

Lo faccio suonando da casa tutto quello che mi va, quando ci riesco, ma fare il musicista per mestiere è un’altra cosa. Per lavorare professionalmente con la musica devono quadrare tutti i conti, quelli estetici, quelli del ruolo sociale di musicista e quelli economici, chiaramente. 

Penso che l’unione tra la cultura jazz, paritaria e popular dal punto di vista sociale e alimentata dall’improvvisazione nella sua pratica, insieme alla canzone pop, sia la cosa più interessante dal mio punto di vista. È il luogo ideale giusto per me, per fare ricerca estetica e anche per qualche esibizione live.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *