Penso che ognuno debba avere una propria idea di cosa possa e debba essere il proprio lavoro. In musica, come in arte in genere, siamo nel campo della libera espressione, uno dei rischi maggiori è la noia propria o quella degli ascoltatori. Puoi rischiare anche di non guadagnare, se non piace quello che fai, e questo è sicuramente una situazione più complicata, rispetto alla noia.
Quindi, non è detto che si debba sempre fare una elaborazione personale di tutta la musica ascoltata e studiata. Si può tranquillamente imitare qualcuno che ci piace, cercare di assomigliargli o lavorare negli anni per raggiungere un certo standard tecnico o estetico, comunemente accettato.
Personalmente penso però che questo percorso possa portare anche alla frustrazione, non è detto, e al senso di inadeguatezza continuo o alla dipendenza da ciò che è considerato accettabile dagli altri.
Per quanto riguarda l’origine della musica ascoltata e suonata, dei suoi linguaggi e degli stili più diversi, c’è sempre un lavoro socialmente condiviso, in maniera più o meno diffusa e popolare a seconda delle epoche e delle tecnologie disponibili. Dipende dai luoghi in cui avvengono gli scambi, gli esperimenti, gli ascolti. Da un punto di vista tecnologico, partendo dall’invenzione della radio, fino ai dischi e a internet, si procede verso una condivisione sempre più libera della musica. Conta molto anche l’incontro di persona con i musicisti della propria città e conta sempre la possibilità di essere indipendenti nel proprio percorso, se si vuole essere se stessi.
In un contesto storico o locale in cui si tende a smarrire il senso del proprio lavoro creativo, e se vogliamo del proprio benessere, può capitare di essere conformisti imitando altri musicisti che a loro volta potrebbero aver smarrito il senso del proprio lavoro. In questa direzione, si può pensare che la musica o qualsiasi altra arte attraversi in quella comunità una fase di ristagno o anche di decadenza. Può sembrare un paradosso ma se non si corre il rischio di perdersi, in ambito creativo, può capitare di imitare qualcuno altro che ha evitato anche lui “rischi” creativi, in una catena che riproduce un conformismo noioso per tutti.
A me piace fare musica e condividerla. Anche l’idea di guadagnarci mi interessa molto, da pochi anni mi piacciono i miei testi e le canzoni che scrivo e quindi provo a promuovermi in questa direzione sul web. Anche l’attività di pianista performer occasionale è un mio obiettivo, se fosse possibile guadagnarci e farlo in un bel contesto, tipo locali, posti con buona acustica e pubblico interessato. In tutti i casi, preferisco da sempre essere il primo spettatore da soddisfare, proseguendo con l’idea di non fare musica come attività principale.