Come stia evolvendo la scena jazz italiana negli ultimi 5 o 10 anni… è difficile dirlo senza essere un addetto ai lavori che studia la scena e la racconta. Il punto è che per molti fenomeni culturali è molto difficile ormai percepire i fenomeni collettivi. Perché ci siamo immersi dentro attraverso il web. Certo, puoi sempre comprare tutti i mesi una rivista specializzata e seguire il fenomeno in questione, le interviste, le recensioni. Ma col web non diventa solo caotica la fruizione ma anche la disponibilità di materiale sonoro e video e la produzione, vecchi e nuovo si sovrappongono, e c’è anche il selfpublishing. Insomma, quella che era una scena jazzistica chiara, magari semplificata, fino a venti anni fa, rischia da poco tempo di scomparire, o di apparire molto più complessa, forse anche agli addetti ai lavori. Nessuno ha più punti di riferimento precisi, che c’erano, e magari erano fittizi, del tipo: il piano si suona come Herbie Hancock o come McCoy Tyner, al limite come Chick Corea, fino a quando non è arrivato Keith Jarrett. Comunque, io oggi ho sentito l’ultimo disco di Kenny Barron e adesso sto ascoltando l’ultimo di Rava da cui ricavo che almeno i vecchi suonano ancora alla grandissima. (Immagini personali dal mondo della cultura)