Sono sempre stato legato alla musica napoletana, anche alla canzone classica. Dalla metà degli anni 80 ho cominciato ad ascoltare il neapolitan power su cassetta e disco, dal walkman, in macchina e sul giradischi, poi su cd. A un certo punto, dai primissimi anni 90 a Napoli si poteva ascoltare facilmente dal vivo Daniele Sepe, ne sono diventato quasi subito un fan. Aveva vagamente a che fare anche con il mio nuovo interesse musicale di quegli anni, il jazz. L’ho capito chiaramente dopo, teorizzandoci un po’ su, Daniele Sepe non rappresenta solo il nuovo corso della musica napoletana, insieme ad altri artisti a partire degli anni 90, ma realizza una grande innovazione musicale e culturale, nel mondo dei grandi protagonisti napoletani e italiani. Sono convinto che lui possa essere considerato l’evoluzione colta e complessa del musicista pop(ular), capace di far ascoltare un mix personale di generi, proprio come fece il pop degli anni 80 che in maniera spesso più semplice rispetto a Daniele Sepe, mischiava comunque rock, canzone d’autore, video arte, musica elettronica e altri elementi in misura minore come la classica e il folk.