Quando ho sperimentato le prime serate nei locali, nei primi anni 90, non mi ponevo il problema di mantenermi con la musica, erano le mie prime esplorazioni pubbliche nel mondo del piano bar o del jazz amatoriale.
Mi ero iscritto all’università e non pensavo di lavorare nel campo musicale.
Avendo, come ascoltatore e performer, sempre mantenuto un interesse dinamico per la musica, ho però proseguito il mio percorso musicale tra le mura di casa e le sale prove. In questo modo, ho osservato nel tempo tanti tipi di soluzioni, tanti modelli di organizzazione e business per fare musica. Ne faccio un elenco di quelli ancora adesso più diffusi:
- insegnamento privato o pubblico
- live nei piccoli locali
- live su palchi di feste di piazza o festival
- session man per artisti famosi
- autore di musica e canzoni per altri
- vendita di dischi/streaming remunerativo
Ogni artista che fa musica per professione, e che non sia un musicista pop già molto affermato, deve trovare soluzioni per la sostenibilità del proprio lavoro, mescolando a volte più attività e cercando sempre di fare le cose che gli interessano di più, quando può.
Chiaramente, non esiste il mix di attività buono per tutti e buono per sempre ma rivolgersi a un vero mercato, fatto di un numero di acquirenti molto numeroso, può rendere liberi nel proprio lavoro creativo.
Per esempio, se nel giro di 50 chilometri ci sono 100 locali che sono interessati alla mia musica, posso pensare di trovare sostenibilità economica per il mio lavoro di musicista live. Se il mio nome è su tutte le riviste e i blog di jazz, posso pensare che le decine di festival sparsi per l’Italia e le tante incisioni discografiche di settore siano un mercato che mi da lavoro come jazzista.
Rivolgersi a un mercato ampio per la vendita della propria musica, vuol dire non temere la rottura di una relazione con uno o più committenti privilegiati. Faccio un esempio, la tua musica potrebbe essere bellissima e interessare alcuni registi come colonna sonora ma se dopo qualche anno dedicato esclusivamente a questo quella relazione si esaurisce, il tuo lavoro e il tuo sostentamento vengono meno.
Lo stesso discorso vale come autore di canzoni. Pur ipotizzando che il mio lavoro di autore di canzoni e testi possa interessare potenzialmente 15 cantanti famosi in Italia, mi ritroverei ad aspettare la produzione di un loro lavoro discografico, per sperare di essere remunerato per una canzone nel loro album.
Dopo la laurea in sociologia, corsi di formazione e master in campi attigui, ho proseguito prima come ricercatore sociale e poi come web marketing specialist. Per quanto riguarda la musica, sono arrivato solo negli ultimi anni ad avere un’identità musicale che mi interessasse condividere pubblicamente, intendo oltre la cerchia di amici e conoscenti.
Condividere musica si è reso quindi possibile per me con la concomitanza di due cose, la crescita del web: siti, facebook, youtube e l’elaborazione di un pianismo e di canzoni che mi piace far sentire.
Detto molto in sintesi, solo recentemente quello che suono e canto mi sembra interessante anche per la condivisione pubblica diffusa ma questo non vuol dire però che ci siano molte persone interessate ad ascoltare, ne tantomeno molte persone interessate ad acquistare la mia musica.
All’età di 49 anni, impegnato da 5 anni nel campo del web marketing, non trovo quindi utile considerare la musica come impegno e fonte di reddito principale. Non vedo inoltre grande compatibilità delle mie cose con nessun settore che riguardi la musica attuale.
Bisogna considerare che nel mondo della produzione di musica e spettacoli si lavora insieme come in una comunità di professionisti e operatori. Per realizzare dischi, film e spettacoli, si condividono pratiche di produzione e promozione che rendono possibile il proprio lavoro e il proprio sostentamento.
Non puoi fare un disco con altri e poi non occuparti di interviste e live set per promuovere il lavoro collettivo. E’ poco utile partecipare come ospite ai live di artisti famosi e poi non avere un tuo disco o un tuo live da vendere autonomamente.
Di questo mondo non ho fatto parte finora e il mio modo di suonare si è evoluto, nel bene e nel male, in una maniera libera, in maniera non ortodossa per gli standard diffusi e accettati dal mainstream dominante, sia nel jazz e sia nella canzone pop contemporanea.
Probabilmente, se da ora mi impegnassi a confezionare canzoni o musica per piano, in linea con le tendenze estetiche del momento, con molto sforzo, riuscirei a produrre qualche cd per una piccola casa discografica. Potrei entrare per esempio nel circuito della musica indipendente se un’etichetta o un produttore progettasse insieme a me una lunga campagna di promozione del mio lavoro. Questo richiederebbe però rinunciare alle scelte estetiche libere elaborate lentamente finora, perdendo probabilmente la freschezza e il divertimento del fare musica.
Essere riconosciuti nel mondo dei professionisti della musica e dal pubblico richiede inoltre scelte di campo abbastanza precise. Se continuassi a cambiare continuamente il campo musicale come faccio adesso nelle mie produzioni in home recording condivise in rete, l’etichetta discografica che avesse deciso di produrmi, qualche critico e il pubblico stesso farebbero fatica a farsi un’idea chiara del mio lavoro musicale.
Oggi abbiamo sul web musica gratis in abbondanza e vendere qualcosa, un cd, un piccolo spettacolo live è davvero faticoso per tanti musicisti anche molto noti. E’ ancora possibile fare musica per lavoro, investendo un po’ di soldi per promuoversi sul web, concentrandosi su un genere di musica che abbia un circuito che accolga il proprio progetto artistico: i festival jazz, i talent, i locali, i negozi di dischi, la musica in streaming. Ma questa è una scelta più facile secondo me per chi ha cominciato questo mestiere venti o trenta anni fa.
In passato, pubblici diversi, industria musicale e musicisti hanno infatti periodicamente trovato punti di incontro dei loro interessi, col beneficio economico e espressivo di tutti. Ma adesso siamo in una fase nuova, tutti i vecchi modelli di organizzazione e business musicale sono in crisi, sicuramente è così per la vendita di dischi e cd. C’è lo spazio per ideare nuovi modi di guadagnare facendo musica ma ciò comporta tempo e anche l’assunzione di qualche rischio, economico e di immagine.
Per me che non ho mai lavorato con la musica resta prioritario proseguire a suonare con maggiore libertà, attraversando in vario modo il mondo della canzone e della musica improvvisata, per cercare soluzioni che mi facciano sempre essere contento di ascoltare, io per primo, la mia musica. Il web lo consente e inoltre rende possibile costruire una relazione a distanza con altri artisti o con i pochi ascoltatori che siano interessati a quello che faccio.