Poco dopo i vent’anni mi sono iscritto a una scuola di musica, per imparare i fondamenti del jazz e continuare a studiare pianoforte. L’ho frequentata per due anni ma non sono stato mai uno studente particolarmente impegnato. Nel frattempo mi ero iscritto all’università, alla Facoltà di Sociologia e quindi studiare per ore anche il piano non mi interessava. Ho praticato il jazz e l’improvvisazione per anni e ancora lo faccio, comprando davvero tanti cd, ascoltando e cercando di imitare a orecchio alcuni sound dei pianisti che mi piacevano. I miei interessi musicali sono però sempre stati legati alla musica pop e alla canzone.
Ho suonato diversi standard per anni e questo mi ha formato come improvvisatore e pianista non professionista. Alcune cose le facevo da solo e altre con gruppi di amici con cui provavo con una certa continuità.
Il jazz è una musica bella e importante, è alla base di molta musica moderna ma molte cose di quelle comunità di musicisti professionisti sono evaporate col tempo: l’importanza dell’improvvisazione, una certa parità tra i musicisti del gruppo, il rapporto diretto col pubblico nei club, suonare in diverse formazioni contemporaneamente e cercare sempre soluzioni innovative, che permettessero di esprimere tutti gli stati d’animo. Inoltre, il modo di suonare dei musicisti afroamericani ha avuto, fino a un certo punto , un approccio allo strumento fatto di libertà espressiva oltre che di tanta tecnica. Adesso e da molti anni ascoltiamo sempre più spesso una musica governata principalmente dall’idea del controllo perfetto, del suono e della nota.
Nella clip che segue ho suonato e cantato, alla mia maniera uno standard americano che mi piace molto e che ho imparato negli anni più recenti.